Dopo la luce arrivò il buio,
ma dopo il buio fu l’oro,
l’oro di cui fu fatto il nostro Giudizio.
Possano le nostre anime apparire nel suo riverbero,
come ombre a dar conforto a chi sta oltre…
There is something especially touching in our finding the sunshine thus freely admitted into a church built by men in sorrow. (*)
È stato così commovente Papà, trovare tanta luce splendente in una chiesa eretta da anime smarrite.
Grazie.

Ti piace?
L’ho pensata per te, perché sapevo che non ti saresti mai dato pace.
L’ho ripetuta urlandola mentre soffiava la Bora, il Garbin, lo Scirocco, la Tramontana…
Visto? Visto che li ricordo ancora bene tutti quei nomi che mi insegnasti sui libri e per mare?
Nomi di amici, nemici o entrambi all’unisono sempre importanti.
Non è colpa tua e nemmeno loro.
Io… sono stato io a voler andare, da solo, oltre la linea nera della tempesta, spinto da quell’irrefrenabile impulso che mosse quel mio coetaneo di nome Icaro.
Il mare e il cielo ci accomuna nella morte, l’audacia dei giovani nella vita. Audacia, talvolta, mal ripagata.
Adesso smetti di cercarmi invano, ti prego.
Smetti di prendere quel vaporetto. Io ti vedo:
io sono pesce, sono sabbia, fango e vongola.
Se può consolarti, una parte di me, non so come, è tra quelle mura dorate vicine al fortunale, erette da mille anni e ancora inesplorate.
Non sono solo; siamo luce, e alcune volte una misura di noi, un guizzo, si manifesta tra i meandri dei fiumi dorati.
Ma continuerò a urlare gli stessi versi, ai venti che mi insegnasti, finché non sarò sentito.
E prima o poi arriveranno a te, puntuali. Te lo ricordi?
Avevamo studiato per l’aldilà
un fischio, un segno di riconoscimento… (**)
Lo so, ho invertito l’ordine naturale delle cose, ma tu li capirai perché una parte di essi è mia e tua; nostra soltanto.
Allora i cosmi a cui apparteniamo si sfioreranno, e tu potrai percepirmi tra i riflessi dorati di quella chiesa là sperduta, tra le acque serene della laguna.

 

* John Ruskin, The Stone of Venice, 4 ed. George Allen, 1886

** Eugenio Montale, Xenia – Satura, 1971