Questo racconto è tratto dal libro La Portante di Venezia-Personae

Mio padre

Momenti

Si sa, il suo preferito era palesemente il Tintoretto, non tanto per i tratti più caratteristici ben spiegati nei vari libri d’arte o nelle biografie, comprendenti il sapiente gioco della luce e della tavolozza, la dinamica singolare delle figure… ma per qualcosa, nei suoi dipinti, di talmente forte e quasi caratteriale, da rendergli il suo lavoro inconfondibile.

Riusciva a riconoscere i suoi lavori immediatamente, quasi al buio; solo con i ritratti poteva avere qualche dubbio. Diceva che li sentiva suoi, li capiva, non tanto nei loro significati allegorici, religiosi o inerenti ai committenti, materia di vastissima letteratura, quanto alle sensazioni che gli facevano provare.

Un ”giorno di buona”, portò me, mia madre e mia sorella, a visitare una chiesa a Venezia.

La fiancata di marmo comparve tra il luccichio delle onde del mare, dopo aver percorso un piccolo tratto una volta scesi dal ponte di legno dell’Accademia.

Attirato dai riflessi dell’acqua corsi in fondo alla calle per vedere il mare, ma stranamente mi trovai di fronte ad altre case disposte su di una lunga lingua di terra.

Dovevamo essere per forza sul Canal Grande, ma come era possibile se l’avevamo appena superato attraversando il ponte di legno?!

La cosa mi confuse un pochino, e certamente non mi furono d’aiuto la leggera sensazione di smarrimento, dovuta alla bellezza di quel canale e all’aria pulita di quella bellissima giornata, che rendeva tutti i colori molto intensi e cristallini.

Mio padre, raggiuntomi, con un sorriso tra il beffardo e il malizioso, mi afferrò per le spalle girandomi verso la facciata della chiesa, imponente sopra di noi. Poi mi rigirò verso l’isola allungata, facendomi osservare il litorale che ci stava di fronte, indicandomi una ad una le facciate delle chiese. Poi si inginocchiò vicino e mi chiese:

Confuso?”

Beh! Sì, un pochino”.

In che senso?”

Mi sento un po’ disorientato, ma non in senso spiacevole, anzi, forse un po’ euforico.”

Bene. Mi fa piacere.” E, facendosi serio e pensieroso aggiunse: “Cerca di ricordati di questo momento, di queste sensazioni. Sono uniche…”

In che senso?!” Esclamai preoccupato che la cosa nascondesse un proseguo negativo.

Le provi solo una volta!”

Mi venne il magone, lui se ne accorse e si girò di scatto verso l’imponente neogotico Mulino Stucky. Sicuramente aveva gli occhi lucidi, e non voleva che lo vedessi, ma lo capii dal tono della voce.

Questa città è riuscita a farmi provare sensazioni ed emozioni…” Fece una pausa, non trovava il termine adatto, probabilmente era ”uniche”, ma questo ci riconduceva all’argomentazione da cui volevamo allontanarci, almeno io.

Alte! …Ecco sì, diciamo così; alte. Quasi non ci badi, talmente presi dalle mille cose che dobbiamo fare sempre di corsa. Poi, un giorno, anche dopo anni, inaspettatamente ti viene alla mente quell’emozione con un formicolio alla pancia e ti dai da fare per rincorrerla, spinto dal desiderio di riviverla. 

Purtroppo però non è più la stessa cosa. Al massimo, ottieni un risultato che si avvicina al ricordo, ma mai alla stessa sensazione. Anzi, la vedi sempre più isolata, irraggiungibile, e con più ti sforzi di avvicinarti più si sfalda, finendo, se non ti fermi in tempo, col snaturarla completamente… come se… come se la sua esistenza consistesse nel non essere afferrata.”

Nel frattempo c’eravamo seduti sulla fondamenta con le gambe a penzoloni; bassa marea.

Scusami!… Sai che non mi piace fare il complicato.”

Lo guardai; stava fissando oltre la Giudecca come potesse vedervi dietro: il mare, pensai.

Poi, dopo anni, scoprii che dietro non c’era il mare; ma un altro lido con case. Poi, oltre, lontano; finalmente il mare.

Si girò, sorridendomi. “Il momento di prima l’hai vissuto solo una volta, e non si ripeterà mai più. Tutto qua.”

Risposi: “Carpe diem!”

E lui: “Amen fratello!”

Quel giorno poi c’entrammo in quella chiesa.

Che splendore!

Il soffitto del Tiepolo senior, (così ce lo indicò), le pale, le decorazioni. Ma quando, dopo anni, rivide, là, sulla sinistra, la pala con La Crocifissione, si commosse. Ci prese vicini e ci spiegò il suo Jacopo, come lo sentiva lui.

Era entrato di corsa; fuori c’era un forte temporale. Fissando la pala, per parecchio tempo, mentre si muoveva da sinistra a destra e viceversa non riuscendo a stare fermo, iniziò a sentirsela in testa.

È come se la vedessi in bianco e nero, ma poi la sensazione che ne ho in testa è colorata.”

Ci spiegò, con difficoltà, che fissando quel quadro lo vedeva come fosse una stampa con tonalità grigie, ma l’impronta e le sensazioni che gli rimanevano in testa erano a colori, come fossero reali, anzi; di più!

La sua spiegazione ci appariva complicata, ma anche molto interessante nonostante fossimo molto giovani.

C’era un qualcosa nei suoi racconti che a noi sembrava magico.

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