Questo venerdì come lettura vi propongo questo dialogo che avevo scritto per i racconti brevi sotto forma di epitaffi.
La foto 📸 è di qualche anno fa quando è stato fatto il lunghissimo ponte per raggiungere l’Isola di San Michele, il cimitero di Venezia.
Ciao! 😘 👻


Epitaffio 7 – Lo scrittore vanitoso
Ma che ci sarà dietro a quel cancello?
Scopriamolo!

“Ehi! Tu! Occhialuto, dove vai?”
“Ti ho visto da fuori, figura ieratica. M’ha incuriosito il tuo portamento, la tua eleganza… ma chi sei?”
“Riposo lì!”
“Dove?”
“Lì!”
“Ma dove? Non capisco?”
“Lì… lì, sotto quella lapide tra le erbacce. Ma che sei? Stupido?!”
Allungo la mano trapassando il suo corpo.
“Ah! Ora capisco…”
Col piede, forse un po’ irrispettosamente, muovo alcune erbacce. Che fatica!
Appare un “zr ovnd” nascosto tra le foglie marce e il terriccio smosso da qualche roditore.
“Ho capito! So chi sei.”
“E tu, chi sei? Presentati!”
Gonfio il petto: “Beh, mi epiteto come Scrittore della Laguna, ma alla fine era solo un suggerimento per farmi trovare meglio, sai… mica tutti hanno un nome strano come il tuo.”
Sorride: “Strano?” Poi in un guizzo del sopracciglio, subito serio.
“Beh, particolare…”
Sorride di nuovo… dai, per un pelo, lisciato.
“E tu, lo meriti?”
“Che?”
“L’epiteto lunghissimo che mi hai detto prima? L’ho già scordato”.
“Abbastanza da poterti ricordare di quella volta che da piccolo persi il capellino e tu me lo raccogliesti. Eri ben vestito, un elegante signore distinto. Io risi, avevi due borse della spesa piene di salumi e altre buone cose da mangiare. Eravamo in Piazza, tra le colonne di San Todaro e di San Marco”. Vediamo se si accorge dell’errore…
“Il leone, il leone… non il santo,” borbotta tra sé fissando a terra. Poi mi guarda: “Ma dici davvero?” Si passa la mano sulla barba ben curata.
“Ma va là, scherzo!”
“E come osi? Irriguardoso!”
“L’ho letto, ho letto da qualche parte persino cosa ti comperavi quando facevi la tua spesa mattutina.”
“Un libro su di me?”
“Eh! Li hai fregati tutti per benino. Son ancora lì che si arrovellano per capire che hai scritto in quei versi. Furbo…”
“Genio…”
“Può darsi. Sai… a uno studioso, un filosofo, che di certo non è un fascistone, gli è scappato che sei stato il più grande poeta del secolo.”
“Tutto qui?”
… !? …
Gli rispondo facendo spallucce, come fosse poca cosa.
“Dai, scappo, è stato un piacere Spirito di Ezra.”
“Attento a non inciampare nella tomba ingombrante lì di fianco, quando te ne vai.”
“Quale? quella ricoperta di fiori freschi?”
“Sì, proprio quella. Ma dimmi? C’è bisogno di fare tanto chiasso?”
“Invidioso? Lui i fiori freschi… tu le erbacce.”
“Beh, sai come si dice… l’erba cattiva non muore mai.”
“Sì, ma tu sei morto.”
Sorride sornione. Poi capisco: mi ha fregato: lui è eterno.
Sto fermo un attimo vicino alla tomba del russo. Anche qui la scritta è quasi illeggibile tanti sono i fiori freschi che la ricoprono.
“Ma?” Mi giro di scatto, qualcuno mi ha battuto sulla spalla.
“Ancora?!”
“Ma certo, e chi molesto? Oggi ci sei solo tu.”
Si liscia la barba: “Lo conosci?”
“Sì, ho letto qualcosa di suo.”
“Le poesie?”
“No, una roba tipo un racconto… Fondamenta degli Incurabili.”
“E tu la chiami roba? Signore della Laguna?” Scuote la testa.
“Scrittore…” lo correggo.
“Come ti pare.”
“Sai… ce l’aveva un po’ su con te…”
“Con quel fascistone di Ezra? Ma dai? che novità! Lascialo stare il russo, che magari era pure comun-”
“Non dirlo nemmeno! Con tutto quello che ha passato poveretto!”
“E io? Ne ho passate poche? E poi, a me nemmeno un Nobel! Scherzo… intanto beccatevi i miei cantos!”
“Beh, mi ripeto, per alcuni sei il più grande poeta mai esistito. Ma dimmi la verità: quei versi inarrivabili li hai scritti un po’ a caso o c’è sotto del genio?”
“Studiali!”
“Eh… grazie tante.”
“Chiedi al russo. Anzi, no, lascialo stare, vai là in fondo, dal Corvo.”
Sono io a sorridere questa volta. “Chi? Baron? Rolfe?”
Annuisce fissandomi con uno sguardo deciso, acuto, penetrante.
Faccio spallucce: “Almeno quello lo capisco.”
“Davvero?”
“Beh, sì, ho letto un suo romanzo. Tutto chiaro mi pare.”
“Quale?”
“Il desiderio e la ricerca del tutto.”
“Titolo un po’ impegnativo, che dici?”
“Beh, se non altro qualche copia l’ha venduta. Viveva come un poveraccio vagabondando per le calli e le chiese di Venezia.”
Ezra allarga la bocca, forse un sorriso.
“Perché sorridi?”
“Glielo hanno pubblicato dopo vent’anni che ha preso residenza su quest’isola!”
Mi schiaccio il viso tra le mani. Poi strofino. Su e giù.
“Che hai, giovane scrittore aspirante in erba?”
“Ho, che penso di avere compreso questa nostra conversazione-”
“Sì…”
“Questo dialogo impossibil-”
“Sìì…”
“Questo dialogo improbabile tra creature dell’ari-”
“Sìì, Savater, ottimo! Continua!”
“Io… io ci sono riuscito! Sto qui con voi.” Potendo lo abbraccerei stretto stretto, forte forte.
“Come no? Sei morto.”
“Sì,” mi guardo attorno, forse più estraniato del solito:
“Ma ce l’ho fatta!”