Venerdì, ecco un raccontino. 🙂
A grande richiesta rimaniamo sui pensieri de L’UOMO CHE DORME NELLE CHIESE.
(Mi state chiedendo più estratti d’abbinare alle foto; beh, mi fa molto piacere. 🙂👏 Purtroppo devo rimanere sulla lunghezza massima di Instagram)
Ciao! 😘


Mi riavvio verso la testa del treno.
Finalmente un bagno aperto. Ed è anche stato pulito da poco! Spingo il sacco nel cubicolo e chiudo la porta, mi siedo sulla tazza e mi addormento subito, cullato dagli scossoni degli scambi.
Mi sveglio al fischio del capotreno, alzo la testa dalle braccia appoggiate su lavandino. Siamo fermi, sento il rumore di carrelli elettrici, valigie con le rotelline, voci. Vita. Mi stiracchio assonnato. Prendo il sacco ingombrante ed esco a fatica dal piccolo bagno.
Attraverso la stazione guardando a terra per paura di essere fermato, mi concedo giusto una sbirciatina alle palme che ornano i giardini dei finecorsa. Spingo le pesanti porte di vetro.
Eccola, sua eminenza!
La città delle chiese.
Ce ne saranno almeno cento solo nel centro storico, una più bella dell’altra, senza contare monasteri e oratori. Un sogno.
Il sogno, per quelli come me.
I turisti che vengono qui per dormire in fredde locande, o peggio per vedere solo la Piazza, o fare un giro in gondola e poi andarsene, non hanno proprio capito niente di questa città. Meglio così, mi dico sorridendo sotto i baffi, loro non hanno idea di cosa si provi nel deviare da una calle affollata per trovarsi per magia subito soli, sbucare in un campo deserto e trovare la sua chiesa vuota ad aspettarti.
Pagani, cattolici, ortodossi, ebrei, protestanti, calvinisti, armeni, forse anche islamici: la città intera è un’unica grande chiesa in cui ognuno ha potuto professare il suo culto nella propria cappella devozionale posta al suo interno.
Cammino veloce verso San Marco, qualche incertezza al Ponte degli Scalzi per l’affollamento, poi imbocco una stretta calle e sparisco dal circuito turistico.
Riaffioro tra la folla in un piccolo campo, ma solo per due secondi, il tempo di scomparire nell’intrico di calli che si apre ai miei piedi.
Bene, sono alla mensa dei poveri. Oggi si mangia da signori a fianco dei dogi!