L’Editore e l’Imbrattacarte – elezioni (5 minutini)

 

Breve premessa

Questi raccontini (ripresi dai miei post su Facebook) poggiano un piede nel mio mondo privato un po’ surreale che in parte è dovuto a un primitivo (precoce?) innesto – nel senso botanico – fiorito nella mia mente tra F. Durrenmatt e David Linch, mentre l’altro, di piede, lo poggiano sulla realtà. Nella mia realtà, come in tutte, esistono fatti degni di nota e fantasie boccaccesche, accompagnate dall’uso, sovente eccessivo, di parole volgari.
Io qui ne limito l’utilizzo; dovreste entrare in un bar/benzinaio veneto all’ora di spritz per farvene un’idea, ma qualcuna ci deve stare, pena; una incoerenza di pensiero.
Portate pazienza se leggete qualcosa di volgare. Grazie.

***

“Ah… eccolo il nostro Scrittore della Laguna!”
“Sua eccellenza…”
“Ma che scherziamo Perin! Mi chiami solo direttore.”
“Direttore? Va benissimo.”
“Sa, non amo tanto essere chiamato per cognome, specie dai preziosi amici come lei.”

Mm… preziosi amici come lei. Mi mordo il labbro: mi stanno per liquidare.

“Ma si accomodi Perin. Si sieda. Maurizio! Se c’è bisogno la chiamo.”
Rimaniamo soli.
La scrivania è imponente, maestosa, mentre la sua figura, anche se minuta, emana una certa aurea di immenso e irraggiungibile, pur essendo sprofondata (semi-fagocitata) nella grandiosa e super-morbidosa poltrona Chester, quasi a scomparire.

Guardando attorno leggermente disorientato dalle dimensioni dell’ufficio, mi accorgo che mi sta ri-chiedendo: “Ma lei, per caso, è parente del portiere?”
“Non che io sappia, dottor Scalfiro. Intendevo, direttore, editore…” mi affretto a rispondere ostentando l’ombra di una lucidità in arrivo.
Suona un cicalino, senza muovere un muscolo parla sottovoce a un vecchio interfono con la mascherina metallica bucherellata, tipo quello di Charlie’s Angels.
Si sente gracchiare. Non capisco nulla, ma pian piano sto tornando al presente.
Trascorsi un paio di minuti davvero opportuni, l’editore mi ridà attenzione sollevandosi giusto un pochino dal profondo dell’enorme Chester quel tanto che basta per mostrarmi il viso. Trapela un po’ di emozione, persino passione. “Sentito?! Dobbiamo unire le forze. Il male sta avanzando. Abbiamo bisogno di soldati come lei pronti al sacrificio.”
“Non capisco…”
“Domenica… Perin: si vota!”
“Sì, ho capito, ma che c’entro io?” Incredulo: “Non mi avrà chiamato per questo?”
“Come che c’entra lei? Perin: questa è la battaglia decisiva di una lunga guerra. Si tratta del male contro il bene, della luce contro il buio, del rosso contro il nero, dei Guelfi contro i Ghibellini, del Sole contro Alfa Centauri… mi spiego?”
Oddio! Quel gesto. Mi pare d’avergli visto fare l’occhiolino. Mi ha fatto davvero paura; come se a un certo momento il mostro del film di Allien ammiccasse civettando con Ripley la protagonista.
“Tutto il mondo ci guarda, Perin.”
La poltroncina inizia a starmi scomoda, come stessi seduto sul ghiaino. Le natiche bruciano.
“Sì dottore… ehm, signor Scalfiro… direttore, ma lei sa, lei sa benissimo che io non mi occupo di certe faccende. Perché non trovate qualche brillante romanziere o un ottimo editorialista? Ne avete a fasci. Vede, io non ci sono portato, ripeto, non l’ho mai fatto e non mi occupo di pol–”
“Certo, assolutamente no, proprio per questo gli indecisi l’ascolteranno. Lei è ancora vergine, Perin.”
“Ma io, ma io non credo, non posso… la mia credibilità si basa proprio sull’essermi sempre astenuto dal suggerire idee politiche.”

La poltrona, ora girata, sta osservando dalla finestra i palazzi circostanti attraverso una veneziana abbassata. Gongola di lato, come fossero tutti suoi.
Dandomi le spalle: “Suvvia Perin. Lei si ricorda di quel romanzaccio che ha scritto su Venezia?”
“Beh, i miei lavori sono tutti dedicati a Venezia, dottore.”
“Sì-sì, va bene. Dicevo, uno di quelli lì è stato un vero buco nell’acqua stando in tema, e ci è costato bei soldini. Cinquantamila copie in copertina rigida e fascetta gialla con l’imbroglio di thriller geniale, tutte andate al macero.”
“Non era male, esprimeva un grido di sofferenza verso un certo sistema di monopolio turistico, quasi una distopia, dando voc–”
“E chi sei? Giorgio Orwell? porca di quella miseria?!”
Si gira violentemente, facendo oscillare la gran Chester in modo pericoloso. Tra gli scossoni la sua personalità è di nuovo fuoriuscita dalla poltrona.
“Tu, tu…” SBAMM! Sbatte la mano sul legno massello della scrivania, “tu mi stai dicendo che vorresti davvero tornare ad auto-pubblicarti sulle librerie on-line per novantanove centesimi di euro?”
“Cosa devo fare?”
Grugnisce un verso d’assenso.
“Domani sera, in tele, in prime time, tu parli di quel cartone animato delle maialine lesbiche, di Bella Ciao, della marcia su Roma, del crapon…”
“D-del… del crapon direttore?”
“Sì, hai capito bene: di quella storia. E parli anche di quel rodigino, il rovigoto copà, come dite voi veneti.”

Sobbalzo sulla poltroncina. (Ahia la ghiaia!) Ma santiddio! Questo autentico fdp mi vuol far tirare in ballo l’omicidio Matteotti, dopo l’oblio, davanti a milioni di persone! E a pochi giorni prima delle elezioni! Ma che mi pensa? la sua puttana?

“Ha detto qualcosa Perin?”
“No-no, pensavo intensamente.”
Sorride, sornione.
“Lei sa che leggo i pensieri di chi mi sta di fronte, vero? Altrimenti come rimarrei seduto dietro questa scrivania impedendo agli squali sotto di strapparmi i genitali?”

Lo sto per insultare, d’impeto, come feci con quella morosa a vent’anni. Ma poi, rimasto solo come un cane, piansi per una settimana intera… facciamo anche due settimane.
Cazzo! Non so che fare. E poi c’è il mutuo, le vacanze al mare in Romagna (quelle mi servono), vorrei rimettere in strada la vecchia moto d’epoca… le bollette! Le bollette porca miseria!

Una carezza, da dietro, sul viso, compassionevole. Il palmo morbido mi sfiora l’orecchio, mi asciuga una goccia di sudore sullo zigomo trascinandola con sé.
“Dai Perin: vada alla scrivania, si abbassi i pantaloni e anche gli slip, e appoggi il suo pancione su quel bel legno caldo e tenero. Non le farà male, non più di tanto, e se così non fosse, pensi a quando gli scaffali delle librerie saranno di nuovo stracolmi dei suoi libri. E poi, ancora, pensi a tutti quei firma-copie in giro per lo stivale, e poi, se non fosse ancora finita, pensi a quelle belle vacanze in ameni luoghi esotici tanto amati dai suoi colleghi. E poi, se dovesse ancora durare…”

“Parti subito! Subitoo!!”
“Com’è andata? Sembri sconvolto.”
“Vai Cris! Avvia e parti, altrimenti entro in quel bar e mi scolo un secchio di gin-lemon!”
“Ti hanno liquidato?”
“Peggio. Mi hanno levato la dignità!”
“Tesoro. Ti sentirai svuotato.”
“No, al contrario…”

***

Nota: storiella di fantasia dove ogni riferimento a fatti e persone reali non è voluto ed è puramente casuale.
È dedicata ai culturalmente eletti di destra o manca, che, invece di tentare di scrivere il 1984 del III° millennio, dai loro elevati scranni ci insegnano nei prime time come vivere e, quando serve – a loro – come votare.